domenica 23 dicembre 2012

Il sogno dell'aguglia - Le reve de l'orphie




Ho visto dare ai quadri voce e movimento. Ho visto occhi dipinti raccontarsi, prendere vita, esprimersi. Quei volti che nascondono ciascuno la loro storia, accumunati dall’elemento dell’acqua, attraversati da tonni e aguglie. È quanto è accaduto al Zo di Catania dove un’ esposizione dei quadri di Sergio Fiorentino ha dato vita ad uno spettacolo di danza, prosa e musica. Le coreografie di Daniela Campione e Salvo Alicata, come sempre fluide e interpretative delle parole che accompagnano i loro movimenti, hanno avvicinato lo spettatore ad un mondo visivo in cui ci si fa coinvolgere dalle proprie sensazioni.
Ho visto un quadro di Sergio Fiorentino a casa di un amico e ricordo perfettamente di essere rimasta molto colpita dallo sguardo di quei due uomini su quella tela, sembravano volessero raccontarsi e al contempo essere imprigionati in quei colori. Lo spettacolo, Il sogno dell’Aguglia – Le revè de l’Orphie, ha permesso a tutti quei sognatori immersi nel mare di uscire dal quadro, guardarci ancora e parlare con noi. 










lunedì 10 dicembre 2012

Vittoria Ottolenghi. La Critica.


Io l’amavo, la adoravo, la leggevo con avidità, divoravo i suoi articoli. Compravo Balletto Oggi e non saltavo mai un suo articolo. Per me era una fonte di critica sacra. Mi ricordo quando lessi la sua critica negativa su Sylvie Guillem. Quando di lei disse che era fredda. Era senza peli sulla lingua. Lei era così, schietta, vera. E mi ricordo quando registravo le sue puntate in tv. Il suo programma Maratona d'estate.  Per sempre lei sarà la mia guida, anche se non c’è più.
Alla domanda: "Chi sono oggi la ballerina e il ballerino migliori del mondo?", i più rispondono: "Sylvie Guillem e Mikhail Baryshnikov". Curiosamente, proprio questi due artisti mi entrano da un occhio e mi escono dall’altro, senza lasciare traccia. Cercherò di spiegare, anche a me stessa, questa mia irragionevole indifferenza, se non addirittura animosità; nella consapevolezza che la colpa è probabilmente tutta mia.
Di Baryshnikov ho già parlato, anche su Balletto Oggi; e ne riparleremo magari un’altra volta. Per Sylvie Guillem, il mio problema viene da lontano. E cioé dal giorno in cui, tanti anni fa, arrivai in Bulgaria, come membro della giuria per l’Italia, al famoso Concorso di Varna giovani danzatori. Arrivai con qualche giorno di ritardo – e cioé quando erano già finite le prime eliminatorie. E subito l’amico André-Philippe Hersin, giurato francese per quell’anno, prima ancora di chiedermi come stavo, mi rovesciò addosso la sua travolgente, entusiasta certezza: la giovane candidata francese avrebbe vinto e stravinto, perché enormemente più brava e più bella di tutti.
Ahiahiai, il mio "rapporto" a distanza con Sylvie Guillem cominciava malissimo. Mi sentivo – sia pure amabilmente – oppressa e prevaricata da André Philippe e dalla force des choses. E così quando arrivò il giorno delle semifinali, cercai un altro giovane volto a cui guardare, e un’altra alta tecnica da esaltare. Pensai di parteggiare per Katherine Healy, un’americanina di 15 anni (che oggi è étoile del Balletto dell’Opera di Vienna). Era bruna, piccola e tondetta. Il contrario di Sylvie Guillem, bionda, alta, snella. La piccola Kathy saltava come un grillo e girava come una trottola, nelle invenzioni più virtuosistiche e acrobatiche del repertorio classico. Sylvie Guillem aveva scelto, invece, una variazione dal profumo più lirico che acrobatico: era regale, bellissima, distaccata. Troppo distaccata, mi dicevo, con qualche irritazione.
Al gran finale, mi pare, ci fu la terza tappa nel mio rapporto negativo con Sylvie Guillem: interpretò l’assolo La luna di Béjart, che tutti noi indentifichiamo con Luciana Savignano (per cui fu creato). La Savignano era una Luna insuperabile: tutto meno che distaccata. Era anzi impastata di furori segreti, sotto la gelida scorza lunare. Sylvie Guillem era, invece – mi dissi – soltanto gelida scorza. E sotto la scorza, nulla. Votai per Katherine Healy. Sylvie Guillem vinse a stragrande maggioranza, naturalmente, la Medaglia d’Oro.
La lealtà mi impose, comunque, pochi mesi dopo, di invitare Sylvie Guillem, oltre a Katherine Healy, alla "Maratona di danza" del Festival di Spoleto, che ho curato fino al 1996. C’erano, nella Maratona, un gran numero di "divi" internazionali, tra cui Rudolf Nureyev, Antonio Gades, Peter Schaufuss, Carla Fracci, Kevin MacKenzie, Ohad Naharin, Vladimir Derevianko, Elisabetta Terabust. Sylvie Guillem arrivò con Rudolf Nureyev, allora neo-direttore della compagnia dell’Opéra di Parigi, della quale lei già faceva parte. Nureyev seguì la sua prova con l’attenzione di un vero maestro: correggeva, mostrava, spiegava. Lei recepiva l’insegnamento di Nureyev con la stessa aria da regina sdegnosa, di dea gelida, che aveva a Varna. A me chiese, con piglio autoritario, di non collocarla, nel programma, dopo la Healy, ma prima. Mi lasciò di stucco, impaurita quasi, con quel suo tono che non ammetteva replica. Mi affrettai ad assecondarla. Danzò il passo a due del "Cigno Nero": bellissima, perfetta, fredda. Ma, mi dicevo, anche per legittimare la mia ostilità irritata, il Cigno Nero non deve essere freddo, col Principe, ma seducente e così colmo di passione, da eccitare anche i sassi. Fu applauditissima, da tutti, pubblico e critica, con mia buona pace.
Da allora la situazione "difficile", per me, si ripresentò in tante successive occasioni. Prima, nei vari spettacoli "Nureyev and friends": spettacoli un po’ frettolosi, forse, ma di alto livello tecnico. Il cast era sempre formidabile, con la presenza costante, oltre a quella di Sylvie Guillem, di Charles Jude, Isabelle Guérin, Manuel Legris (che allora, ci dissero, era il suo fidanzato). Una volta, ebbi anche la ventura di vederla con un altro gruppo di "Stelle dell’Opéra di Parigi", capeggiato da Patrick Dupond. Sylvie Guillem entusiasmò il pubblico con la variazione di Esmeralda, quella in cui leva più volte in alto, sopra la testa, il tamburello e lo percuote con il piede: così bella, così giovane, così acrobatica, così impeccabile. Nella mia ostilità – sempre più nascosta, sul piano ufficiale, in mezzo a tanto tripudio – mi vendicai pensando: "Dovrebbe praticare, più che la danza, la ginnastica artistica" (poi lessi, da qualche parte, che Sylvie Guillem proviene realmente dalla ginnastica artistica).
Ormai è irragiungibile: l’Inghilterra se l’è presa, come una gemma preziosa, per insediarla sul trono che fu di Margot Fonteyn. Che si può volere di più. Ma, per me, ohimé, fu l’ultima provocazione: com’è possibile che quel ghiacciolo perfetto, con la gamba levata in alto fino ai 180 gradi – e oltre, presumo, se volesse – vada a sostituire quel prodigio di grazia sorridente e di serena dolcezza, che fu Margot, una vera regina? E, in piena consapevolezza della mia miopia e della mia partigianeria, finii per ignorarla, per dimenticarla quasi, lasciandola lassù, agli Inglesi fedifraghi.
Ma rieccola, tenuta per la mano da Maurice Béjart alla fine di Boléro, fiero ed emozionato, come se Sylvie Guillem fosse sua figlia. Di quel Boléro non ricordo nulla, se non l’applauso universale, il rosso tiziano della sua capigliatura, i capelli lisci, la frangetta, il body rosso cupo, come un costume da bagno "Jantsen" degli anni Trenta, a un solo pezzo, e la muscolatura quasi mascolina. Non sono riuscita a rintuzzare, nel segreto dei miei pensieri, il commento più sleale e trasgressivo, a questa sua nuova immagine. E a chi mi chiedeva, dopo lo spettacolo: "Non è fantastica?" oppure "È divina, non trovi?" ho sempre risposto a bassa voce: "Sì certo", felice di non doverne scrivere il giorno dopo.
Ma adesso le cose si complicano: Sylvie Guillem sta per tornarmi davanti agli occhi, come coreografa e interprete principale di Giselle. I ballettofili perfetti già pregustano il meraviglioso evento. Io, col capo sotto la sabbia, come uno struzzo, cerco di non pensarci. Già me la vedo: bella, acrobatica, elegantissima, nel primo atto; pallida e fredda come la luna, e con le perfette punte d’acciaio, nel secondo. E già prevedo il suo trionfo, mentre io – incapace di incassare anche quest’altro colpo – me ne tornerò a casa con la coda tra le gambe, pensando alla Chauviré, alla Pontois, alla Fracci, alla Makarova, con clandestino rimpianto.
Vittoria Ottolenghi(BallettoOggi n°115 – Febbraio/Marzo 1999)


giovedì 6 dicembre 2012

Lo schiaccianoci


Avevo cinque anni circa, non di più, e i miei genitori mi portarono al cine teatro della nostra città per vedere una cugina che si esibiva ad un saggio di danza. Si sa, a quell’età i ricordi sono sfumati. Però ricordo benissimo la poltrona grande rispetto a me, ricordo le luci e ancor più ricordo quelle ballerine che si muovevano come bambole. Questa cosa mi colpì tantissimo, così tanto che dopo qualche mese iniziai pure io le lezioni di danza per poi interromperle a causa della varicella e per riprenderle dopo 3 anni fino ai 28.
Era Lo Schiaccianoci quel balletto che mi ha rapito! E pensare che ho visto mille spettacoli, ma non ho mai visto Lo Schiaccianoci. Ma neppure su dvd, perché il mio cane quando era cucciolo l’ha rotto subito dopo che lo acquistai.
Mi emoziona l’idea che due occhi di bambina possano essere catturati da uno spettacolo a tal punto da rendere quell’arte, che ancora non conosce e non ne ha consapevolezza, la sua passione più grande. Il mio desiderio più grande è sempre stato quello di diventare un giorno una ballerina, ma oltre al talento e alla tecnica ci vuole anche tanta fortuna. E io vivevo in un paese del profondo sud dove c’era una sola scuola di danza e per quanto io adorassi la mia insegnante di danza, a posteriori devo ammettere che non era molto brava ad insegnare. E così ho sprecato i miei primi dieci anni di danza, sviluppando solo l’amore e la passione per la danza. Poi ho trovato l’insegnante giusta, ma ha prevalso la razionalità di proseguire gli studi universitari, e poi il lavoro e infine la mia meravigliosa famiglia.
E’ rimasto un sogno chiuso nel cassetto.
Era solo un ricordo che volevo condividere con voi e siccome siamo vicini al Natale e Lo Schiaccianoci è per eccellenza il balletto natalizio vi/mi propongo qui  il classico dei classici. Buona visione!


martedì 13 novembre 2012

Odisseo, il naufragio dell'accoglienza. Compagnia Zappalà Danza.



Finalmente dopo mesi di silenzio, dopo mesi di astinenza dagli spettacoli di danza, domenica sera sono andata a vederne uno.
Compagnia Zappalà Danza, Scenario Pubblico, Catania.
Compagnia e sede, un connubio per me magico, perché quel posto è davvero speciale, è un angolo di paradiso, un posto in Sicilia quasi surreale.
Sì, perché in questo posto, sede della compagnia e dell’associazione no profit si riesce sempre a respirare aria di arte, si respirano emozioni.
Questo è il secondo spettacolo della compagnia a cui assisto. Dopo Silent as…, domenica ho visto Odisseo, il naufragio dell’accoglienza. Non è uno spettacolo semplice da raccontare, ma è uno spettacolo pieno di sentimento, sentimento che viene dallo stomaco, come un pugno, come un conato di vomito, quello che i danzatori hanno all’inizio dello spettacolo sputando fuori la loro emozione. Sentimento come quello di un abbraccio, simbolo chiave di tutto lo spettacolo, simbolo, appunto, dell’accoglienza. Un’ora e mezza trascorsa tra i brividi di un mare in tempesta, tra le convulsioni dei naufraghi, la loro sofferenza, il loro dolore che fuoriesce dalle loro urla. Gli otto danzatori si mostrano forti, scattanti, e molto teatrali. I loro sguardi non mi hanno lasciata per un attimo, li ho sentiti addosso tutto il tempo come la paura della morte durante un naufragio, le loro urla di protesta urlate con tutta la rabbia di chi la sofferenza l’ha provata sulla propria pelle mi hanno inchiodata alla sedia, rendendomi incapace di reagire, ma allo stesso tempo dandomi quell’impeto di alzarmi anche io per urlare il mio dolore.
Il tutto scadenzato dalla voce calda e rassicurante di Franco Battiato che recitava un passo delle letture di Lucrezio e dalla voce lirica di Marianna Cappellani.
Ho ritrovato degli elementi chiave della Compagnia, che si ripetono nelle produzioni di Zappalà, elementi che rendono veramente inconfondibile il suo stile e che mi fanno tornare la voglia di rivivere con loro le emozioni che sanno regalare.
A fine spettacolo c’è stato l’intervento di due fratelli del coreografo che ci hanno voluto rendere partecipi di un loro dispiacere, quello di non aver ricevuto, al contrario dello scorso anno, i finanziamenti pubblici, essendo stati deliberatamente declassati da una commissione dalla categoria A alla categoria D. Mi è dispiaciuto davvero tanto, perché il teatro italiano continua a vivere un momento sempre più buio e un posto come lo Scenario Pubblico che, a Catania e oserei dire sicuramente in tutta la Sicilia orientale,  è l’unico luogo che consente di assistere a spettacoli di alto livello, dovrebbe essere sostenuto da enti pubblici e privati, perché l’arte è quel che ci rimane per riempirci di emozioni ed evadere da questo momento difficile in cui ci troviamo.









mercoledì 7 novembre 2012

Tanti cigni, tanti laghi

Devo dire che io personalmente non mi stanco mai di vedere Il lago dei cigni, seppur visto e rivisto mi emoziona sempre. Le musiche di Čajkovskij, il suono di quell'arpa, quei tutù bianchi...Non so se invece voi vi siete stancati del solito tema fiabesco, dei soliti assoli e pas de deux, in caso di risposta affermativa direi che ci sono tantissime alternative, alcune molto valide altre...un pò meno!
Negli ultimi anni il tradizionale Lago dei cigni ha ispirato moltissimi coreografi, a tal punto da trarne tematiche sociali contemporanee stravolgendone la sua originalità. Mi viene in mente Odette Odile Investigations di Enzo Cosimi a cui ho dedicato un post dopo averlo visto che potete leggere qui. Ma credo che molto più interessante possa essere per  esempio il “Dada Masilo’s Swan Lake” della omonima coreografa, che si pone la domanda "E se il principe fosse gay? E se si innamorasse di un Odile uomo?” affrontando così il tema dell'omosessualità. Le musiche di Čajkovskij mixate a canti del Continente Nero, con uno stile coreografico decisamente africano regalano uno spettacolo coinvolgente e molto particolare.











Tornando in Italia una recentissima rilettura del lago dei cigni è quella di Loris Petrillo e della compagnia Opus Ballet. Anche qui le tradizionali musiche del compositore russo vengono mescolate a samba e suoni del quotidiano con uno stile contemporaneo in cui predomina una fisicità istintiva e animalesca senza mai perdere l'eleganza dei cigni. Qui il tema è la perdita dell'innocenza dell'uomo attualizzato ai giorni nostri.






Sempre di cigni e lago parliamo con Luc Petton, "Swan", in cui viene raccontata la trasfigurazione uomo/animale, ma questa volta i cigni sono veri e sono sul palco. Incredibile la simbiosi tra danzatori e cigni. Simbiosi nata dal contatto diretto e costante tra le sei danzatrici di Petton e i cigni fin dalla loro nascita.
Vi riporto di seguito una intervista tratta dal sito web di Danza & Danza:
- Come si è sviluppato il lavoro in sala prove tra danzatrici e cigni? Immagino sia stato un lungo lavoro di conoscenza reciproca…
“Il protocollo applicato è stato quello messo in luce da Konrad Lorenz: l’impregnazione. Ovvero abbiamo preso i cigni, bianchi e neri, dal giorno in cui si sono dischiuse le uova. Sono nati tutti alla presenza delle danzatrici, degli uccellatori e mia, e questo ha creato sin dalla tenera età una relazione vera che da sola ha permesso questa complicità. Un contatto assiduo per più di due anni. Ma devo ammettere che i cigni a loro volta hanno impregnato le danzatrici. Come tutte le relazioni, anche questa funziona a doppio senso”.
- E questo ha permesso che tutto filasse liscio?
“Per molto tempo le danzatrici hanno dovuto lavorare per eseguire movimenti rapidi e cambiamenti repentini di direzione senza che i cigni le attaccassero. Per costruire lo spettacolo hanno dovuto apprendere il loro modo di camminare ‘dondolante’, il gesto di ‘alzare le natiche’ e a ondulare braccia e gambe come fanno loro con il collo. E’ un animale non univoco che apre a molteplici prospettive di scrittura coreografica”.







Insomma, ce ne sono per tutti i gusti. A voi la scelta!

martedì 2 ottobre 2012

Ridatemi gli spettacoli!


Aspetto con ansia qualche programmazione di danza qui in Sicilia. Ma niente, non riesco a trovare niente.
Non vedo l’ora di sedermi su una poltrona, su una sedia, a terra o di stare in piedi a guardare una produzione di danza, ma niente, nulla si vede all’orizzonte, almeno per il momento. E questo mi lascia pensare, mi rattrista. Perché so che di artisti ce ne sono tanti, di creazioni pure, che tanti ballerini non aspettano altro che esibirsi e molti più spettatori vogliono vedere le luci sul palco, vogliono vedere quelle gambe intrecciarsi con mani e pensieri e invece niente di tutto ciò.
Ma la danza esiste in Italia? Esiste in Sicilia? Si, eccome, potrei urlarlo. Esiste. Coreografi e ballerini italiani, ma anche stranieri, anche se la mia predilezione è per l’arte nostrana, non aspettano altro che sbattere i piedi sul legno, sui mattoni, dove si voglia, purchè possano esprimersi. E a chi bisogna rivolgersi? Alle istituzioni che tagliano solo fondi? Ai privati che sono in crisi e che anche quando non lo erano non si sono mai mostrati molto sensibili all’argomento?
E intanto le mie dita fremono perché voglio vedere spettacoli, voglio riempirmi delle loro emozioni e riportarli su questi fogli elettronici.

venerdì 31 agosto 2012

Festival Danza Urbana - Bologna

Tre città scorrono nelle mie vene. Una di queste è Bologna. E proprio in questa città, che ho amato e odiato per  dodici lunghi anni, che si terrà dal 4 all’8 settembre l’ormai celebre festival Danza Urbana. Pioniere di questa forma di danza, il festival propone vari artisti nelle più importanti location della città. Non solo teatri. La danza urbana consente non solo di essere partecipi visivamente di uno spettacolo, ma anche di sentirsene parte.
Aprono il festival i Brotha from anoteher Motha. Una compagnia tunisina di hip hop che presentano uno spettacolo che racconta la primavera tunisina attraverso gli occhi di giovani danzatori testimoni di violenza, rivolte e battaglie.


Il festival non può dimenticare la tragedia del terremoto che ha colpito le terre emiliane, proseguendo così con una serata in beneficienza in cui si alterneranno Cristina Rizzo, Emily Tanaka e la compagnia Urbani Guerra. Gli stessi si esibiranno in seguito in altri spazi urbani.
Il festival entra anche al Mambo, museo di arte contemporanea, con Mickael Marso Riviere e Alvaro Frutos.
Mickael marso Riviere

Alvaro Frutos

Si prosegue al Palazzo D’Accursio con il Gruppo Nanou  che presentano Open air un progetto, appositamente creato per  il festival,  dedicato al concetto di ballo da sala ispirato in particolare ai musical anni 50.
Un’altra ospite sarà Noemi Bresciani che si farà interprete della fragilità di una ragazza.
Tra i luoghi che ospiteranno Danza Urbana ci sarà anche il centro commerciale Officine Minganti, E non potevo non nominarlo dato che è diretto da una di quelle persone care che si contano su una mano.
Infine concluderà il festival uno dei coreografi al momento più in voga, Alessandro Sciarroni, un coreografo che da tempo seguo, che mi incuriosisce tantissimo, che riesce a fondere teatro, arte dalla quale proviene, danza e arti visive. E proprio su queste tre arti che si basa il laboratorio che terrà dal 1 all’8 Settembre durante il festival e il cui esito verrà presentato ai giardini Margherita.
Alessandro Sciarroni

martedì 7 agosto 2012

Bellini Festival - Taormina



Finalmente un po’ di danza al teatro antico di Taormina.
Si inizia stasera, nell’ambito del Bellini Festival potremo gustarci una deliziosa Bella Addormentata del Balletto del Sud.
Sempre della stessa compagnia si potrà assistere alla Carmen il 10 Agosto e per concludere il 14 Agosto le etoiles della più celebre compagnia di danza del mondo, New York City Ballet, in esclusiva per il BELLINI FESTIVAL: un'eccezionale serata di danza con le coreografie di George Balanchine e Jerome Robbins.
Per chi è in vacanza dalle parti della incantevole Taormina potrà quindi godersi tre belle serate in un posto straordinario.
Ho già visto danzare i ballerini del Balletto del Sud circa sei anni fa, in una rivisitazione contemporanea del Lago dei Cigni e mi erano piaciuti molto, ma questa volta credo che andrò a vedere I “grandi” del New York City Ballet.
Quindi a breve vi racconterò le emozioni che in questo posto straordinario solo ballerini di un certo livello possono trasmettere.

La Bella Addormentata - Balletto del Sud



Carmen - Balleto del Sud



The New City Ballet

domenica 15 luglio 2012

Ambra Senatore


Chi mi segue ha potuto notare che manco da un po’. Dopo 11 mesi sono rientrata a lavoro e ho dovuto dunque riorganizzare la mia vita, cercare dei momenti per me, ma non se ne trovano. Tutto dedicato ai miei piccoli, ma d’altronde se non lo faccio ora che i loro anni sommati non fanno nemmeno 4, quando devo farlo?
Oggi però stanno dormendo un po’ di più e ho pensato di non svegliarli in modo da potermi dedicare finalmente nuovamente al blog (come non detto, si è svegliata la piccola, le do un giochino…)
Ho deciso di dedicare questo pomeriggio ad una artista italiana, torinese per la precisione, Ambra Senatore. Ho cercato qualcosa sul web, e ho visto estratti dei suoi spettacoli e interviste. Ammetto che non la conoscevo. L’avevo sentita nominare solo  un paio di volte, abbastanza per incuriosirmi. Mi viene da collocare le sue produzioni, le sue creazioni, nell’ambito del teatro danza, più vicino al teatro che alla danza contemporanea, ma dovrei vederne almeno un dal vivo per poter esattamente definire. Ricche di ironia, prende spunto dal quotidiano cogliendone il lato più divertente. La sua drammaturgia è più che altro una bella sdrammaturgia, passatemi il termine inesistente, ma guardando i suoi lavori mi è venuta in mente questa parola. Mi ha rallegrato il pomeriggio, mi ha fatto sorridere. E se siete un po’ curiosi vi posto qui alcuni suoi video e interviste. E chissà magari riuscirò ad intervistarla. 










mercoledì 6 giugno 2012

La Biennale di Venezia




Tra due giorni ha inizio l’ottava edizione della Biennale di danza a Venezia. Si terrà dall’otto al ventiquattro Giugno e presenterà cinque prime mondiali e cinque novità per l’Italia. Il festival è diretto da Ismael Ivo e si intitolerà Awakenings per celebrare e invitare al risveglio della vita e della creatività , “Il movimento è vita. Il cuore dà il ritmo e il corpo muove un passo. Queste sono le dinamiche della sopravvivenza e dell’esistenza”, scrive Ivo.
All’interno del festival ci sarà anche uno spazio dedicato a lavori inediti e innovativi scelti tramite bando, Marathon of the Unexpected.

Di seguito il programma:

Arsenale della Danza / Ismael Ivo
Biblioteca del corpo
8-9-10 giugno Teatro alle Tese ore 20.00

Compagnia Virgilio Sieni
De anima
8-9-10 giugno Teatro Piccolo Arsenale ore 22.00

Cristiana Morganti
Moving with Pina
12-13 giugno Sala delle Colonne di Ca' Giustinian ore 20.00
 
Balé Teatro Castro Alves
1por1praum
13-14-15-16-17 giugno Corderie dell'Arsenale ore 14.00 > 17.00

Shobana Jeyasingh Dance
TooMortal
14-15-16 giugno Chiesa anglicana di St. George's ore 19.00, 20.00, 21.00

Balé Teatro Castro Alves
A quem possa interessar
15-16-17 giugno Teatro alle Tese ore 20.00

The Forsythe Company
Nowhere and everywhere at the same time
15-16-17 e 22-23-24 giugno Artiglierie dell'Arsenale ore 19.00 > 23.00
Erna Ómarsdóttir / Shalala
We saw monsters
15-16 giugno Teatro Piccolo Arsenale ore 22.00

Lazyblood
Concerto performance
17 giugno Teatro Piccolo Arsenale ore 22.00

Koffi Kôkô
La Beauté du Diable
19-20 giugno Teatro Piccolo Arsenale ore 20.00

Milano Teatro Scuola Paolo Grassi
Line Up 
21 giugno ore 20.00, 22 giugno ore 18.00, Teatro Piccolo Arsenale

Sadler's Wells London & Sylvie Guillem
6000 miles away
22 giugno Teatro Malibran ore 20.00
 
Ultima Vez / Wim Vandekeybus
booty Looting
23-24 giugno Teatro alle Tese ore 20.00
 
Marathon of the Unexpected
24 giugno Teatro Piccolo Arsenale ore 15.00 > 20.00
Awakenings Dance Party
24 giugno Arsenale ore 22.30


Masterclass
8 > 24 giugno Luoghi vari di Venezia

Choreographic Collision
8 > 24 giugno Luoghi del Festival

Durante il festival, il 20 giugno, verrà consegnato a Sylvie Guilliem il Leone d’oro alla carriera che in passato era stato attribuito a Merce Cunningham (1995), Carolyn Carlson (2006), Pina Bausch (2007), Jirí Kylián (2008) e William Forsythe (2010).
E per la prima volta alla Biennale di Venezia proprio Sylvie Guillem porta l’ultimo spettacolo 6000 Miles Away, composto da un trittico di pezzi che per lei hanno creato i massimi coreografi: il pas de deux Rearray di William Forsythe, su musiche di David Murrow, l’assolo Bye di Mats Ek, sulle note dell’ultima Sonata di Beethoven e  il duetto da 27’52’’ di Jirí Kylián, quest’ultimo interpretato da Aurélie Cayla e Kenta Kojiri, sulle musiche di Dirk Haubrich.



sabato 2 giugno 2012

Un invito speciale



Mercoledì per me è stata una giornata emozionante. Qualche giorno prima mi è arrivato un invito per vedere Il lago dei Cigni dell'Opera di Stato di Praga al Teatro Massimo Bellini. Mi sono incontrata con la persona che mi ha invitata proprio nella meravigliosa piazza del teatro Massimo che al tramonto assume dei colori meravigliosi e dopo un breve aperitivo abbiamo incontrato la dolcissima truccatrice del teatro che mi ha portato dietro le quinte e...che emozione! Erano due anni che non sentivo quell'odore inebriante del palco. Il sipario chiuso, i ballerini che si scaldavano e tutti quei tutù bianchi dei cigni posizionati a testa in giù per non far abbassare il tulle. Dopo questo assaggio siamo state accompagnate nella balconata centrale e lo spettacolo ha avuto inizio. Seppur visto e rivisto è sempre emozionante vedere le coreografie de Il lago dei Cigni e soprattutto sentire le musiche dal vivo dell'orchestra. E il teatro, che dire? Stupendo. Immaginavo fosse bello, ma non pensavo così tanto! Credo uno dei teatri più belli che abbia mai visto!

Buon fine settimana!




lunedì 28 maggio 2012

Intervista a Fabio Crestale




Ho conosciuto Fabio Crestale sul web, tramite facebook, e l’ho “osservato” per un po’. E lentamente mi ha catturato. Con lui ci si può immedesimare, da lui si può trarre esempio. È una persona moto umile, che ha faticato molto per conquistare quello che ha e continua a lavorare duro per andare avanti sempre di più. Nessuno gli ha ma regalato niente. Tutto ciò che ha ottenuto è frutto della sua passione e della sua caparbietà. Gli ho proposto un’intervista e ci siamo incontrati in una videochiamata e con sottofondo le urla dei miei bambini abbiamo chiacchierato per quasi un’ora.

Fabio, è da un pò che ti seguo sul web e la prima cosa che ho letto è stata una tua risposta ad una breve intervista del 2006 in cui tu dicevi che il tuo sogno era di entrare a far parte di una compagnia e di danzare su coreografie di Mats Ek.
Hai fatto molto di più. Sei partito come tanti da una normale scuola di danza e sei arrivato a danzare per coreografi di fama internazionale, a creare una tua compagnia e a tenere lezioni di danza contemporanea in diversi stage. Ci vuoi raccontare questa tua scalata e in che modo sei riuscito ad arrivare a livelli così alti, oltre al tuo talento ovviamente? Qual è stato il tuo trampolino di lancio?
Io ho fatto le classiche scuole di danza. Ho vinto varie borse di studio che mi hanno permesso di girare tanto, a Roma, a Firenze, Londra, New York dandomi la possibilità di studiare con diversi insegnanti e coreografi,  non mi sono formato in una vera e propria accademia.
Non sono mai stato fisso in una scuola anche perché credo che la formazione fondamentale che si può raccogliere studiando in una grande scuola come un’accademia dalla quale passano tanti nomi che consentono di acquisire svariate esperienze, la si può ottenere anche nelle piccole realtà, come è stata la mia, spostandosi nella varie città.  Più gente vedi, più coreografi puoi conoscere,  più esperienze acquisisci e questa cosa mi ha aiutato enormemente. E poi io sono sempre stato uno spirito un po’ libero,  dopo un po’ avevo bisogno di evadere dalla situazione in cui mi trovavo, non perché avessi smesso di apprendere, perché nella danza si sa, non si smette mai di imparare, ma perchè prevaleva l’istinto di apprendere altro all’ormai acquisita meccanicità dell’esecuzione. Questo secondo me fa la differenza tra danzatori e danzatori, e questo oltretutto mi porta ad essere me stesso seppur con tante difficoltà, tante fragilità,  ma questa modalità mi aiuta ad esprimermi.  Questo modo di studiare consente di diventare versatile. La difficoltà è nel saper danzare con diversi coreografi.
 Ho anche lavorato tantissimo per una coreografa e insegnante, Valentina Benedetti, una persona straordinaria con sensibilità  e rispetto verso l'arte enorme, per me lei è stata una grande maestra, mi ha formato molto. Penso che lei sia una grande artista. Tante sue coreografie le abbiamo portate in giro nei concorsi per far vedere noi come danzatori e lei come coreografa.  A lei devo tanto perché proprio lei mi ha fatto capire questa sensibilità di acquisire svariate esperienze.
Un'altra persona a cui devo la mia formazione, che mi ha dato tanti consigli per crescere e che tutt'oggi è un mio punto di riferimento, è Nadja Bussiem, grande professionista di danza classica, ex prima danzatrice al teatro di Mannheim.
Nel 2007 sono partito per studiare a New York nei centri Steps-Aalvin Ailey Dance Center-Broadway Dance Center. Andando via dall’Italia è partito il tutto.

Mi è sembrato di capire che devi molto alla città che ti ha adottato, Parigi. 
Raccontaci il tuo rapporto con questa meravigliosa città.
Quando sono arrivato a Parigi è stato un amore a prima vista, ma allo stesso tempo uno schiaffo. Sono arrivato in una città enorme dove l’arte è a 360°. C’è spazio per tutti. È una città che ti da tante possibilità. Ti ritrovi ad essere come un bambino quando gli dai una scatola di cioccolatini.
 Inizialmente è stato difficilissimo. A Parigi entri in una realtà completamente diversa, la lingua, la città, la burocrazia, il modo di pensare completamente diverso dal nostro. È stato come ricominciare di nuovo a danzare, perché il contemporaneo francese è molto concettuale. Quindi  ho ripreso da capo tutto un lavoro, ho cercato di entrare nella mentalità francese, ho ripreso a studiare con tante persone diverse in modo da comprendere quello che vuole ciascun coreografo quando si fa un’ audizione, in modo da evolvere il movimento in base alla situazione in cui mi trovavo.
Inizialmente è stato difficile, mi sentivo molto solo, Parigi è una città carissima, studiavo, facevo audizioni, mi dicevano sempre no, troppo alto, troppo tecnico, troppo principe. Ad un certo punto ho capito che dovevo lavorare più da un punto di vista psicologico nel senso che ho cominciato a capire com’è la danza francese, cambiando il mio  modo di danzare
E così ho cominciato a integrarmi in questa città. Dopo quasi un anno e mezzo ho iniziato a lavorare in alcune compagnie francesi, ho vissuto di risparmi, ho cominciato a farmi conoscere e a comprendere com’è il sistema.




Ho visto le tue foto alle prove della Bayadere nel più grande e importante Teatro di Parigi,un sogno per tanti danzatori e tu eri lí, con la Zakharova. È stato bello vedere le foto del dietro le quinte, l'impressione era quasi di essere in un qualunque saggio di danza e invece eri in un posto sacro per i danzatori. Ti va di raccontarci questa esperienza?
Io non sono un danzatore fisso del teatro. L’Operà è un istituzione per la Francia dove c’è una gerarchia immensa, puoi fare il contorno nel corpo di ballo, però la cosa bella per la quale io ogni giorno ringrazio mio padre che non c’è più, è che sono entrato in un golden temple, ho visto cose che ti fanno capire che sei di fronte ad una cosa enorme. Anche essere lì e fare solo tombé pas de bourée e poi stai fermo, vedi coreografi mondiali, etoile!
Ero quasi ipnotizzato perché le emozioni sono troppo forti, e io che sono molto emotivo mi faccio coinvolgere dalle emozioni così tanto da perdere la concentrazione. È  un’esperienza meravigliosa dalla quale ho appreso molte cose importanti della danza.










Hai una tua compagnia di danza, I funamboli. Com’è nata e in che modo ti sei fatto conoscere in Italia?
Ho creato la mia compagnia I funamboli e l’ho chiamata così perché tutto è legato a delle emozioni a delle sensazioni, siamo tutti i giorni in cerca di equilibrio, per noi danzatori il lavoro è  instabile, l’arte è instabile. L’arte è per me imperfetta,  perché l’artista trasmette i suoi sentimenti, le sue fragilità nei suoi lavori, nelle sue opere e quindi traspare la sua instabilità nell’arte, poi che sia perfetto il passo è un altro discorso, è tecnica. Quindi l’ho chiamata i funamboli perché penso che siamo sempre in equilibrio precario.
La compagnia è basata a Parigi, è emergente, ho mostrato una mia coreografia  “Il muro” a  dei miei colleghi di teatro, ad un danzatore, Mallory Gaudion,  gli è piaciuta tantissimo tanto da inserirla in suo progetto (www.tutudanceproject-en.org) dove gli stessi coreografi danzano le proprie coreografie e lui danzerà per me. È un progetto molto grande con nomi grandissimi e io sono onoratissimo di farne parte.
In Italia le strade mi si sono aperte un po’ grazie alla partecipazione ad Xl anticorpi dove sono stato selezionato e ho danzato al festival ammutinamenti a Ravenna. È stato bellissimo perché ci siamo esibiti in un museo e perché hanno apprezzato il mio lavoro. C’è chi mi ha detto che somiglio a Mats Ek, ma quello che io dico è che posso essere ispirato a qualcuno, ma quelli che hanno inventato la coreografia sono stati loro , noi cerchiamo di fare meglio ciò che è stato già creato. Da Ravenna hanno cominciato  a darmi altre date, mi hanno invitato a Civitanova danza, farò l’apertura della serata con Aterballetto, danzeremo fuori in una sorta di danza urbana, che a me fa impazzire, mi rispecchia, ci saremo noi, Aterballeto e un'altra compagnia. 





Nel mio lavoro di spionaggio ho visto anche uno stage che hai tenuto all'accademia Normanna a Napoli. Qual è il tuo obiettivo durante le lezioni?
Mi piace tantissimo insegnare, però stage, non corsi fissi, dove la gente può essere di passaggio, dove posso dare delle informazioni su di me, di quello che ho imparato, voglio dare le mie informazioni che ho appreso nel mio percorso fino ad oggi, voglio trasmettere il mio modo di pensare, dare consigli. Io do consigli e ognuno li fa suoi perchè siamo tutti diversi.
Ho avuto la fortuna di conoscere una scuola di Treviso, Fifth Treviso di Silvia Funes, una scuola di altissimo livello e Silvia è una grande professionista. E ho anche conosciuto Dino Carano, direttore artistico dell’accademia normanna, una persona molto umile e professionale con un gran rispetto per l’arte che mi ha fatto amare Napoli. Grazie a lui sto lavorando tantissimo con l’accademia normanna e tante altre scuole. Ed è bellissimo perché gli allievi hanno molto rispetto. Quando io sono a lezione mi metto a loro livello, non mi pongo io insegnante-loro allievi, la disciplina non deve mancare, posso fare cose difficili ma li rassicuro, la difficoltà può arrivare come no, li devi portare, come un pastore porta il suo gregge, se li porti al tuo lavoro allora loro arrivano a fare al meglio quello che riescono.



Loro prendono da te, ma tu da loro cosa riesci a prendere?
Io la metto anche sul lato sensibile, prendo il loro approccio,  prendo la loro sensibilità, il loro modo di esprimersi per poi arricchirmi, prendo i loro modi di entrare nella coreografia per poi caricarmi di emozioni che mi possono aiutare a crescere nel mio lavoro e comprendere le persone che fanno la mia professione e queste certe volte queste mi aiutano nell’immaginare quello che vorrei creare con la loro sensibilità. Durante gli stage io do il massimo e loro, gli allievi, mi ricaricano.

Tornerai in Italia?
In Italia non penso di tornare per il momento perché mi sono costruito troppo qua e adesso la Francia mi sta aiutando e quindi la ringrazio, amo tantissimo il mio paese,penso che sia un paese stupendo, ma penso che  il nostro sia un popolo molto legato a tutto ciò che luccica. Troppi soldi buttati in trasmissioni televisive sulla danza che potrebbero invece aiutare teatri e compagnie emergenti.


Di seguito un video de "Ilmuro"




Video stage Fabio Crestale all'accademia normanna a Napoli





Siti web di riferimento: